A rischio il gas per l’UE

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Yerevan congela i rapporti diplomatici con Baku e Budapest dopo che la magistratura magiara ha estradato il militare Ramil Safarov, accusato di omicidio di un suo collega armeno, liberato dalle Autorità azere appena rimpatriato. In bilico la politica orientale del Governo Orban ed i piani di sicurezza energetica varati dalla Commissione Europea

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Un’estradizione azzardata rischia di mandare in aria i progetti di indipendenza energetica dell’Unione Europea. Nella giornata di venerdì, 31 Agosto, la magistratura ungherese ha estradato in Azerbajdzhan il militare azero Ramil Safarov, accusato dell’omicidio del collega armeno Gurgen Markarian durante le esercitazioni “scolarizzazione per la pace” organizzate dalla NATO a Budapest nel 2004.

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La decisione della magistratura magiara ha scatenato una reazione a catena, che ha portato all’avvio di una crisi diplomatica tra i tre Stati in questione. Nonostante le promesse in merito al mantenimento in carcere del militare, le Autorità azere hanno liberato Safarov, lo hanno insignito del grado di Maggiore, e gli hanno garantito abitazione e compensazione finanziaria per gli anni spesi in carcere in Ungheria.

Come reazione, l’Armenia ha rotto le relazioni diplomatiche con l’Ungheria, ed ha avviato un protesta nei confronti del’Azerbajdzhan finita inevitabilmente per sollevare la tensione anche su piano militare. Baku e Yerevan sono infatti coinvolte nella disputa per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh: territorio popolato da 145 mila armeni, perso dagli azeri dopo una sanguinosa guerra combattuta tra il 1988 ed il 1994.

Inoltre, Budapest ha espresso profondo rammarico per il mancato mantenimento delle promesse da parte di Baku, e non è escluso che il caso Safarov possa condizionare il mantenimento di buone relazioni tra le Autorità ungheresi e quelle azere.

La crisi diplomatica tra Ungheria, Azerbajdzhan ed Armenia potrebbe comportare conseguenze di notevole importanza all’immagine e allo status geopolitico dell’Unione Europea.

Tutto ha inizio dallo stretto legame che, fino ad ora, ha legato Budapest a Baku. Il Premier ungherese, Viktor Orban, è uno dei principali sostenitori dei progetti della Commissione Europea volti al trasporto diretto di gas azero in Europa per diminuire la dipendenza del Vecchio Continente dalla Russia.

Oltre ad avere dato il proprio assenso al Nabucco – gasdotto che permetterà l’importazione del’oro blu dall’Azerbajdzhan – Baku ha giocato per Budapest una pedina importante anche per la realizzazione di un altro progetto energetico, l’AGRI.

Esso prevede il trasporto del gas via terra dall’Azerbajdzhan alla Georgia e, successivamente, il suo trasferimento via mare dal porto georgiano di Poti a quello romeno di Costanza, da cui il carburante è previsto arrivi in Ungheria.

Ad arricchire “l’apertura all’Oriente” – come è stata ribattezzata la politica estera di Orban – sarebbe stato anche l’impegno espresso da parte delle Autorità azere di acquistare obbligazioni ungheresi per il valore di 2-3 Miliardi di Euro.

Il condizionale è d’obbligo, dal momento in cui Baku ha sempre smentito queste indiscrezioni. Tuttavia, la manovra avrebbe una sua logica, sopratutto se si considera la recente rinuncia da parte di Orban all’erogazione di un prestito da parte del Fondo Monetario Internazionale necessario per sistemare la situazione economica magiara.

L’impasse diplomatica venutasi a creare potrebbe rompere l’idillio tra Ungheria e Azerbajdzhan e, in un secondo luogo, avere ricadute anche sulla politica energetica della Commissione Europea, che vede proprio in Baku il serbatoio principale da cui attingere il gas necessario a garantire la sicurezza dei rifornimenti per il Vecchio Continente.

A trarre vantaggio da tale situazione sarebbe la Russia, che già oggi sta cercando in tutti i modi di impedire la realizzazione del Nabucco e l’accesso diretto dell’Europa ai ricchi giacimenti del Mar Caspio.

Inoltre, il sostegno diretto che Mosca ha sempre prestato alla parte armena nel conflitto con l’Azerbajdzhan potrebbe convincere Yerevan a rafforzare il legame con il Cremlino, magari entrando nell’Unione Eurasiatica russo-bielorusso-kazako-kirgyza, ed abbandonare nella politica di Partenariato Orientale dell’UE.

Questo progetto è stato varato da Bruxelles, su iniziativa di Svezia e Polonia, per preparare i Paesi dell’Europa Orientale e del Caucaso – Moldova, Bielorussia, Ucraina, Georgia, Azerbajdzhan ed Armenia – a relazioni più strette con il Vecchio Continente, quando no addirittura ad una loro integrazione.

Oltre che sul piano energetico e politico, l’Unione Europea potrebbe registrare un danno d’immagine anche sul piano diplomatico. Bruxelles non è stata in grado di intervenire ed impedire la realizzazione di un’estradizione che, come si poteva facilmente prevedere, avrebbe provocato una certa crisi internazionale in una delle aree più calde del pianeta.

La NATO cerca di ricompattare

A testimonianza dell’importanza ricoperta dal Caucaso per la Comunità Occidentale è la missione urgente organizzata dal Segretario Generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, che ha rimproverato le Autorità azere per la decisione di liberare Safarov, senza mantenere le promesse fatte all’Ungheria.

“Non possiamo permettere una nuova escalation militare tra Azerbajdzhan ed Armenia – ha dichiarato Rasmussen durante la sua visita all’Accademia Militare di Baku – la decisione [di liberare Safarov, n.d.a.] costituisce una minaccia per la pace nel Mondo”.

Matteo Cazzulani

 

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